Monday, June 19, 2006

Sbrachi reali

Desolante è, per chi scrive, constatare ancora una volta il livello culturale miserevole della classe politica italiana se solo si pone la mente a due casi che potrebbero avere il medesimo oggetto: le interecettazioni telefoniche e ambientali. In due recetissimi casi che danno all'oggetto due sfaccettature diverse. Nel caso dell'inchiesta sul rampollo della dinastia Savoia, il non più giovane principe Vittorio Emanuele, si tratta di intercettazioni disposte a norma di legge dalla magistatura inquirente italiana il cui contenuto è, per dovere di cronaca e in violazione delle diposizioni i legge, "filtrato", come da prassi consolidata, sui quotidiani e strillato a mari e monti. Ne è uscito, ancora una volta, il nauseante commercio di autorizzazioni pubbliche pagate a mezzo di un faccendiere, questa volta, blasonato che intermedia in simile modo un vita che meglio non sa organizzare: se sia più avvilente il faccendiere o l'apparato autorizzatorio che induce all'illegale commercio dei permessi lo decida la sensibilità personale del lettore. Su questa vicenda il mondo poltico italiano, anche a mezzo di personggi illustri e rispettabili, come il Presedente Emerito della Repubblica, on. sen. Francesco Cossiga, ha, al solito, sbracato in modo indegno e nauseante pure al palato di un garantista a forte matrice individualista. Sarà per le qualità, non proprio eccelse, di inquirente dimostrate dal titolare dell'inchiesta, il p. m. dal nome albionico, Woodcock, che ci premuriamo di dichiarare la nostra intenzione di non commentare oltre. Quello che a noi interessa è l'eccesso dello sbraco, figlio della rete di rapporti che si diparte da alcuni personaggi coinvolti e toccano alti papaveri politici. Uno "sbraco" simile, ma molto più attenuato nella eco esterna ai "palazzi del potere", è quello che ha accolto quella che nella plastica dialettica di Oscar Giannino, è "l'alzata d'ingegno" del presidente dell'Autorità delle comunicazioni, Corrado Calabrò, che deve essersi stancato di convivere col peso della eredità sanguinante, dal punto di vista dell'utente dei servizi di telecomincazione, lasciata dal predecessore, l'"illustre" prof. Enzo Cheli (della cui "incompetenza" in fatto di liberalizzazioni, mercati, monopoli e posizioni dominanti, non è più ammesso dubitare). In un nostro precedente intervento (http://www.neolib.it/index.php?option=com_content&task=view&id=49&Itemid=32) abbiamo dato uno schizzo della situazione desolante, in Italia, di quello che dovrebbe essere il settore più dinamico e innovativo, in termini di servizi resi all'utente di internet: quello dell'accesso in modalità broadband. Abbiamo anche spiegato quella che secondo noi è la ragione del mancato decollo di questo mercato: la posizione dominante creata da Telecom Italia per la colpevole inerzia di AGcom che ha, con modalità da manuale, esrcitato la più varia gamma di pratiche anticoncorrenziali frenate solo da deboli interventi a posteriori dell'Antitrust (una multa per una cifra superiore ai 100 mln €). Di fronte a questa situazione nauseante per il consumatore, che più volte ha dato spontanemente segni di insofferenza, la reazione del mondo politico e delle associazioni a tutela dei consumatori (ad eccezione dell'ADUC) è stata quella di tirare le orecchie al pres di Agcom, Calabrò, reo di avere proposto una saggia, a nostro parere, soluzione. La saggia soluzione, che ha il "difetto" di precludere per sempre la possibilità alla TI di Tronchetti Provera di continuare a essere insensibile alla concorrenza, consiste nella separazione societaria delle attvità operative relative alla rete dell'ultimo miglio (dal momento che le tratte "long distance" sono già state replicate dai concorrenti e, quindi, quel settore gode già di un regime di concorrenza: lo si deduce dal ribasso subito dalle telefonate internazionale). Un ulteriore elemento che l'Agcom avrebbe potuto prendere in considerazione per aprire il mercato, seguendo sempre il modello adottato da Ofcom, il corrispondente regolatore inglese, è il canale virtuale permanente ( in gergo bitstream) che costituisce una soluzione di unbundling non fisico dell'ultimo miglio. Inoltre dovrebbe essere definitivamente abbandonata la pericolosissima pratica delle autorizzazioni alla commercializzazioni di servizi rilasciate a TI in assenza della possibilità, richiesta dalla legge in via generale, per gli operatori alternativi di replicare l'offerta dell'incumbent. Su questi temi e sull'assordante silenzio dei rappresentanti politici e delle categorie di interessi (associazioni dei consumatori e delle fasce deboli della società) svetta la campagna pubblicitaria di TI che ci ricorda quanto l'ex monopolista e detentore di un monopolio di fatto sulla rete di telecomunicazioni e di una posizione dominante, nel settore dell'accesso a internet, germinata dal succitato monopolio, faccia in termini di investimenti, per lo più pubblicitari, per molte realtà del nostro paese. Certo la rete di supporto di cui gode TI, anche a fronte delle più anticoncorrenziali fra le pratiche da essa poste in atto in spregio ai principi comunitari del cd. New Framework (dall'ostruzionismo, protratto fino all'untimo grado di giudizio, nel consentire il passaggio ad operatori alternativi di clienti, che ne hanno fatto richiesta; alla scarsa e stanca collaborazione ai "tavoli tecnici di lavoro" istituiti presso l'AGCOM al fine di definire il quadro regolatorio per l'implementazione della concorrenza; alla raccoltà illegale di informazioni sulle abitudini dei clienti.). Come ha scritto Giannino, sul Libero il 10 giugno 2006, questa vicenda "è un'altra di quelle che spiegano più di mille libri la realtà dei poteri forti italiani".


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